Giuseppe Tartini - Lettere e documenti / Pisma in dokumenti / Letters and Documents - Volume / Knjiga / Volume I

250 il Metastasio disse un tratto, confrontando col Secento questo nostro secolo, che noi appena fuggiti di mano alla peste siamo incappati nella carestia. Con un pensieruzzo o due ne riempiono parecchi fogli, come la povera gente ha con tre seggiole e un tavolino ammobigliata una stanza. E quei pensieri fossero pure di loro propria ragione, e pre- sentassero al lettore cose analoghe alle nostre consuetudini, ai modi dell’odierno nostro vivere e pensare! Non è dubbio che dalla lettura degli antichi poeti, e massimamente dei latini, infinite cose non si raccolgano pertinenti a’ modi che tenevano a quel tempo nella religione, nella politica, nella milizia, nella vita privata. Non è gi così dei nostri: e ponghiamo che coll’andar del tempo si estinguesse la nostra lingua italiana, come avve- nuto è della latina, e con essa rimanessero abolite le nostre usanze e il sistema di cose che regna presentemente, qual vestigio, qual segno ne troverebbono ne’ nostri poeti italiani coloro che per apprendere la nostra lingua gli leggessero, come noi per apprender la latina leggiamo i romani? Niuno per certo. Talmente noi, colpa un falso concetto che ci siamo formati in mente della imitazione, parliamo con la testa e con la bocca altrui. Non si piglia da noi ad imitare l’andamento degli antichi, ma si copiano, dirò così, i loro medesimi passi; si ridicono le cose medesime, che e’ dicevan essi, le quali andavano a maraviglia nel sistema della loro religione e politica, e sono posticce e pedantesche nel nostro. Il voler persuadere le donne di oggigiorno per via di leggende ricavate da Ovidio o da Properzio, non sarebbe egli lo stesso che il voler incoraggiare i nostri soldati cogli esempi della giornata del lago Regillo, o delle Termopile? E di qui nasce a mio parere quella noia, che al dì d’oggi genera universalmente la poesia, come quella che è la pittura di un mondo che non esiste più; laddove sar tuttavia la maggior delizia delle anime gentili, se noi piglieremo la natura per obbietto, e sapremo ben dipingere quegli aspetti ch’ella ci va presentando, e quelle combinazioni in mezzo alle quali noi siamo nati; se non vorremo più mettere in campo e ritirare a’ nostri tempi cose gi svanite è un pezzo dal mondo: se vorremo ripeter quello che tante volte è stato detto assai meglio che noi non potremmo ridirlo; se nelle cose nostrali e moderne sapremo imprimere la maest e il decoro della espressione degli antichi. Secondo una tale idea mi sono proposto di pigliare, dirò così, il mondo quale egli è; di ritirar le cose ne’ miei versi quali esse sono presentemente, ed ho posto lo studio nel formarmi uno stile accomodato alle modifica- zioni del mio cuore e della mia fantasia; Flacci animos, non res et verba, secutus , di quel poeta dell’uomo, in cui ciascuno ci trova il suo conto, e il cui umore e tenor di vita quasi direi che si conf in certo modo col mio. Da esso ho anche appreso quel lavorare e rimu- tare le mie coserelle, sino a tanto che non sieno lontanissime dal segno; avendo in mente sopra ogni cosa il tenui deducta poemata filo . I panni in effetto, di che uno si veste per gala, vogliono essere fini, morbidi, della lana o della seta più nobile. Le sovrabbondanze e la giovanilit che lussureggiavano nelle cose mie, le ho potate con segolo critico. Nunc ratio est, impetus ante fuit . Il fine in una parola che io ho ardito propormi, è di piacere a coloro il cui gusto, simile al suo, è quasi il fiore della ragione: … Tentanda via est, qua me quoque possim Tollere humo.

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