Giuseppe Tartini - Lettere e documenti / Pisma in dokumenti / Letters and Documents - Volume / Knjiga / Volume I
156 La natura imprime nell’uomo i caratteri più o meno marcati del genio nelle scien- ze, e nelle arti utili e dilettevoli; e felice è quell’uomo, che non equivoca nella scelta, e si determina a quella meta a cui dalla natura è prescelto; mentre allora sa sviluppare tutte le sue facolt , ed insistere con l’applicazione, con l’uso, e con la costanza per quella via che conduce alla perfezione e alla gloria. Voi in questa parte ne siete un illustre esempio; da che sino da’ primi anni della vostra gioventù vi siete, a dispetto de’ vostri genitori, determinato alla musica istro- mentale, ed allontanatovi dalla casa paterna vi siete talmente occupato, che ogni gior- no per otto ore continue l’esercizio vostro non è stato altro che il violino. Non è però meraviglia se così rapidi progressi faceste, che sin da trent’anni fa scopriste e determi- naste il terzo suono fra due unisoni nel corpo sonoro; e se esaminando, come Pitagora, le proporzioni de’ suoni, avete conosciuto doversi ingrossare le corde del violino, ed allungare l’arco, come avete fatto, perché le vibrazioni fossero più regolate, e il suono riuscisse più dolce e più suscettibile di variazioni. Alla intensione delle vostre medita- zioni è dovuto il merito di tante bellezze, e di tanti fenomeni scoperti nella musica; fra i quali io conterò sempre quello, che con tanta sagacit , e prontezza mi avete spiegato, allorché due anni sono vi pregai di dirmi la ragione perché quanto più si preme l’arco sulle corde, tanto meno il suono si sente ad una data distanza, nel mentre che da vici- no diviene strepitoso, e più del solito aspro ed ingrato. Mi diceste allora, che stirando l’arco con destrezza orizzontalmente sulla corda, ne succede un’oscillazione orizzonta- le e distinta, la quale imprimendo nell’aria un’ondulazione successiva e precisa, fa che il suono pervenga alla maggiore distanza possibile. Ma se all’opposto stirando l’arco si preme perpendicolarmente la corda, due diverse oscillazioni ne nascono, una per- pendicolare, e l’altra orizzontale; onde una con l’altra confondendosi, e mutualmente distruggendosi, l’onda dell’aria non è più semplice e diretta, ma vorticosa e incerta; e però come da vicino il suono non può essere se non che aspro e rumoroso, così non può estendersi, come nel primo caso, ad un’eguale distanza. Conobbi allora perché il vostro violino si distingua sopra tutti gli altri violini, e perché il suono della vostra arcata riesca così aggradevole, e così delicato. Se non temessi di offendere la somma vostra modestia, potrei estendermi molto di più nell’onorare i vostri studj, e il merito vostro tanto nell’arte, quanto nella scienza armonica; ma basta a me, che voi siate convinto, ch’io vi amo e vi stimo, e che non ho inteso d’offendervi, allorché all’occasione di parlarvi dell’ultimo vostro concerto fatto al Santo, io vi richiesi, donde nascesse, che alla vostra sonata io mi sentissi rapito di me- raviglia, senza alcun interessamento del cuore, quando un’interna dolce commozione d’affetti mi si risveglia al suono melodioso, ed unisono delle zampogne, e degli organini tedeschi. Voi vi siete quasi adirato; e tuttocché dimostraste dalle ragioni dette di esserne persuaso, pure nell’ultima vostra lettera, scherzate sugli organini tedeschi, e raccoman- dandomi, ch’io assolutamente vi faccia tenere le mie osservazioni sopra la musica, mi promettete di farmeli dimenticare, allorché ascolterò le vostre nuove sonate di camera,
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